Tanti anni fa la mia nomade famiglia fece il periplo del Mediterraneo e arrivó in une delle cittá piú belle, piú
vive, piú colorate:: Barcellona.
Cittá leggermente misteriosa e intrigante, mare e terra, porto e collina.
In quella cittá dove Colombo addita con fare sfidante e temerario il mare con l’indice proteso e orientato non so si sa bene dove, e dove c´é una caravella che sarebbe pure la capitana delle tre barche che hanno scoperto le Americhe. La prima volta che vidi la Santa Maria ancorata al porto ho chiesto: ma in che scala é? La risposta é stata 1:1. Ah.
E quel matto é partito senza sapere bene se la Terra era rotonda con quel fuscello? L’ammirazione per il genovese é salita alle stelle seguita da un filo di perplessitá.
E lí, in quel dito alzato verso le Americhe, si insinua il primo presagio.
In quei lontani giorni facevano furore i cartoni animati giapponesi che riadattavano romanzi o racconti con protagonisti i bambini, con una trama particolarmente lacrimosa tanto che gli occhi tondissimi dei protagonisti si riempivano cosi’ tanto di acqua che sembravano degli acquari di lacrime. Heidi é la piú famosa di queste trasposizioni giapponesi dei classici della letteratura dell’infanzia.
A noi toccó Marco dagli Appennini alle Ande, versione nipponica e lunghissima dello struggentissimo racconto tratto da quel campionari di colpi bassi e sensi colpa che é il Cuore di De Amicis.
Mia sorella era una fan di quel bambino coraggioso con scimietta (???) sulla spalla che cercava, da solo, la sua mamma…in Argentina. Secondo presagio.
Io sotto sotto pensavo che De Amicis avesse un po’ esagerato con questo fatto della mamma dall’altra parte del mondo che abbandona il suo bambino, sino a che diventata molto piú grande ho incontrato filippine, ecuatoreñas, ucraine che hanno dovuto strappare il cordone ombelicace con i proprio figli con i morsi della disperazione e della speranza. E ho pensato che solo 100, 50, 20 anni fa eravamo noi italiani con quell’ombra velata di tristezza negli occhi.
Tornando a Marco, succedeva anche che iniziavano i primi timidi tentativi di merchansing di un successo televisivo, che si sintetizzavano essenzialmente in un bell’album di figurine. E dove si trovavavo queste benedette figurine cone relativi doppioni? Ma é ovvio, naturale, nella “natillas” di una famosa multinazionale francese specializzata in latticini.
E fu cosí che per completare l’album di mia sorella mangiammo natillas a pranzo cena e merenda, e la faccenda era importante perché ci sembrava quasi che se non avessimo completato l’album, il povero Marco la sua mamma non l’avrebbe ritrovata mai…..in Argentina.
E cosí adesso che anche io mi sono fatta un bel tratto dagli appenini alle Ande, molto meno drammatico devo dire, ho capito che dovevo decifare i presagi e propporre a mia sorella che ne so…una piccola vedetta lombarda, o un bel tamburino sardo, o chissá un david copperfield o meglio ancora pippi calzelunghe quando ancora non era inflazionata..chissá magari rimanevo in Italia, o chissá finivo in Inghilterra o in Scandinavia.
Bisogna sempre dare retta ai presagi. Parola di Tiresia.
*********************************************************************************
Le natillas, al plurale non so bene perché, sono un tipico dessert spagnolo. Sono creme non eccessivamente dense, simili alla crema inglese, preparate con latte, zucchero, uova e aromatizzare con cannella, vaniglia o limone.
Non hanno caramello e non si devono confondere con la crema catalana che é piú densa e, come la cugina creme brulée francese, ha una crostra dorata e croccante.
Sembra che l’origine delle natillas spagnole sia da ricercarsi nei conventi dato che era un tipico piatto relativamente economico e nutriente.
E’ un dessert che si fa sempre meno in casa e sempre piú spesso si compra giá bello e pronto…anche se non ci sono piú le figurine di Marco. Ma come sempre fatto in caso ha un altro sapore…
*********************************************************************************
Ingredienti:
- 1 litro di latte,
- 5 tuorli d’uovo
- 150 grammi di zucchero
- un pezzetto di scorza di limone,
- una stecca di vaniglia
- 40 grammi di amido di mais (*)
2. Unire al latte con la scorza di limone, la vaniglia e portare a ebollizione a fuoco lento.
3. Nel frattempo in una ciotola capiente, versate i tuorli e lo zucchero, sbattere fino a che siano ben spumosi e poi incorporare il latte con l’amido di mais sciolto e mescolare bene.
4. Quando il latte inizia appena a bollire, togliere dal fuoco e lasciare un paio di minuti in infusione il limone e la vaniglia poi rimuoverli e integrare il composto con le uova nella casseruola con il latte.
5. Rimettere sul fuoco e cuocere a fuoco lento, mescolando con un cucchiaio di legno fino a quando la consistenza della crema è ispessita.
6. A questo punto, versare la crema in piccoli vasetti lasciare raffreddare a temperatura ambiente e poi conservarli in frigorifero.
La ricetta é apparsa nel numero 4/11 di About Food con una sezione dedicate alle merende senza glutine
Natillas de los apeninos a los andes
Hace muchos años mi familia nómada hizo la circunnavegación del Mediterráneo y llegó a una de las ciudades más hermosa, más viva, más colorida: Barcelona.
Ciudad ligeramente misteriosa e intrigante, tierra y mar, puerto y colina.
En la ciudad donde Colón señala con aire de desafío y osadía al mar con el índice extendido y orientado no sabe sabe bien adónde, y donde hay una carabela, que también sería la capitana de los tres barcos que descubrieron el continente americano. La primera vez que vi la Santa María atracada en el puerto pregunté:” pero ¿en qué escala está hecha? La respuesta fue 1:1″. Ah.
Y ese loco salió rumbo al mar sin saber si la Tierra era redonda con esta ramita? La admiración por el genoveses aumentó seguida a un poco de perplejidad.
Y ahí, en ese dedo levantado hacia las Américas, se esconde el primer presagio .
En esos lejanos días estaban de moda los dibujos animados japoneses que reproducían novelas o cuentos de niños, con una trama muy llorosa, tanto que los redondisimos ojos de los protagonistas se llenaban de agua que parecían peceras de lagrimas a cada rato. Heidi es la más famosa de estas transposiciones japonesa de los clásicos de la literatura de la infancia.
A nosotros nos tocó Marco de los Apeninos a los Andes, la versión japonesa del cuento desgarrador de esa muestra de golpes bajos y sentidos la culpa de que es el libro Cuore (Corazón) de De Amicis.
Mi hermana era fan de ese niño valiente con monito (???) en el hombro que buscaba, solo, su mamá … en Argentina. Segundo presagio.
En esta época pensaba en el fondo que De Amicis habia exgerado un poco con este hecho de la madre que se va al otro lado del mundo abandonando a su hijo, hasta cuando, mucho mas grande, conocí a mujeres ecuatoreñas filipinas, ucranianas que tuvieron que romper el cordón ombelical con sus hijos con los mordiscos de la desesperación y de la esperanza. Y pensar que hasta sólo 100, 50, 20 años atrás éramos los italianos que teníamos este velo de sombra de tristeza en los ojos, y ya lo olvidamos.
Volviendo a Marco, comenzaban también los primeros intentos de merchansing de un programa de televisión con éxito, que se sintetizaban principalmente en un bonito album de figuritas.
¿Y dónde se encontraban estas bendita figuritas con relativas repetidas?
Pero es obvio, natural, en “natillas” de una famosa empresa multinacional francesa especializada en productos lácteos.
Y fue así que para completar el álbum de mi hermana comimos natillas para cena, almuerzo y merienda, y el asunto era importante, ya que parecía casi que como si no hubiéramos terminado el álbum, el pobre Marco su madre no la hubiera encontrado nunca ….. en Argentina.
Y ahora que hice yo también esto largo tramo de los Apeninos a los Andes,mucho menos dramático tengo que decir, entendí que tenía que descifrar a los presagios y proponer a mi hermana, que se yo un … un pequeño vigia lombardo, o un pequeño escribiente florentino, o un David Copperfield o mejor aún Pippi Calzaslargas cuando todavia no era vista en exceso .. quien sabe, tal vez me hubiese quedado en Italia, o quien sabe, en Inglaterra o en los países escandinavos.
Siempre hay que escuchar a los presagios. Palabra de Tiresias.
************************************************** *******************************
Las natillas al plural, no sé por qué, son un postre típico español. Las cremas no son demasiado densa, similares a la crema inglesa, están elaborada con leche, azúcar, huevos y aromatizadas con canela, vainilla o limón.
No tienen caramelo y no debe ser confundidas con la crema catalán, que es más denso y, como su prima la creme brulée francesa, tiene una costra dorada y crujiente.
Parece ser que el origen de las natillas españolas se encuentra en conventos ya que era un plato típico relativamente barato y nutritivo.
Es un postre que se hace cada vez menos en casa y se compra listo y preparado … aunque no haya figuritas de Marco. Pero como siempre lo que se hace casero tiene un sabor diferente …
************************************************** *******************************
Ingredientes:
- 1 litro de leche,
- 5 yemas de huevo
- 150 gramos de azúcar
- un trozo de cáscara de limón,
- una vaina de vainilla
- 40 gramos de almidón de maíz (*)
* sin gluten y/o contaminación de gluten, consultar listados de las asociones de celiaquia
1. Poner la leche en una cacerola, excepto 50 ml que se usan pata disolver el almidon de mais.
2. Mezclar la leche con la ralladura de limón y la vainilla y llevar a ebullición a fuego lento.
3. Mientras tanto, en un bol grande, vierter las yemas de huevo y el azúcar, batiendo hasta que estén bien espumosas y luego incorporar la leche con la maicena disuelta y mezclar bien.
4. Cuando la leche apenas empiece a hervir, retirar del fuego y dejar que un par de minutos en infusion el limón y la vainilla, luego retirarlos y unir la mezcla con los huevos en la cacerola con la leche.
5. Poner en el fuego y cocinar a fuego lento, removiendo con una cuchara de madera hasta que la consistencia de la crema se espese.
6. En este punto, se vierte la crema en pequeños tarros se enfría a temperatura ambiente y luego se almacena en el refrigerador.
No Comments