Un bagel è una doughnut con rigor mortis.
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Due maiali stavano parlando e uno dice all’altro: “Questo non sarebbe un grande mondo se tutti mangiassero kosher?”
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Rachel chiama il Jewish Chronicle e chiede di mettere un necrologio per il marito recentemente scomparso, “Quello che voglio dire è ‘Itzic Weiss è morto. E’ con grande … ‘.”
Prima che possa finire viene interrotta. “Mi scusi signora, ma credo che dovrebbe sapere che le nostre tariffe sono di £ 1 a parola.”
“Oy vey … vedo.” Si ferma, riflette e poi dice: “Bene, allora, metto solo ‘Itzic Weiss è morto’.”
L’impiegata, imbarazzata e con senso di colpa per aver formuato bruscamente la questione economica le dice che c’è un offerta speciale al momento di 7 parole per prezzo di 4.
Rachel fa una pausa e riflette ancora una volta. Poi un attimo dopo: “In tal caso, mettere ‘Itzic Weiss è morto Mercedes500 in vendita”
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L’umorista Sam Levenson, ha detto:. “E ‘un mondo libero e non é necessario che gli ebrei vi piacciano, e se non vi piacciono vi suggerisco di boicottare alcuni prodotti ebraici, come:
Il test per la sifilide Wasserman,
La Digitalis, scoperta dal dottor Nuslin,
L’insulina, scoperta dal dottor Minofsky,
Il test di Schick per la difterite,
Le Vitamine, scoperti dal dottor Funk,
La Streptomicina, scoperta dal dottor Woronan
La scoperta della Polio de dottor Sabin e il vaccino antipolio dal dottor Jonas Salk.
Avanti, boicottateli!
La coerenza con i principi umanitari fa si che il mio popolo offra tutti questi doni a tutte le persone del mondo, la coerenza dei fanatici deve far accettare sifilide, diabete, convulsioni, paralisi infantile e tubercolosi come una questione di principio.
Volete essere antisemiti? Siatelo! Ma vi dico, non so se poi vi sentirete cosí bene….”
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Una Maledizione ebraica: che ti si rompano tutte le ossa cosí spesso come i Dieci Comandamenti.
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Proverbio ebraico: quando ci sono due ebrei, ci sono tre opinioni.
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Il Rabbino Capo di Israele e il Papa sono in un incontro a Roma.
Il rabbino nota un telefono con una forma insolita in un angoo del tavolo nella stanza privata del Papa. “A cosa serve quel telefono?” chiede al pontefice.
“E ‘il mio filo diretto con il Signore!”
Il rabbino è scettico. Il Santo Padre insiste sul fatto che il rabbino lo probi, e si collega con il Signore.
Il rabbino ha una lunga discussione con lui e dopo aver riagganciato dice: “La ringrazio molto. Questo è grande! Ma vorrei pagare il costo della telefonata.”
Il Papa, ovviamente, rifiuta, ma il rabbino è insistente e, infine, il ponteficei controlla il contatore al telefono e dice: “Va bene! Il costo é di 100.000 lire. “
Il rabbino capo paga volentieri.
Pochi mesi dopo, il Papa è a Gerusalemme per una visita ufficiale. Nella stanza del Rabbino Capo, vede un telefono identico al suo e viene a sapere che è anche una linea diretta con il Signore. Il Papa ricorda che ha un problema urgente che richiede la consultazione divina e chiede se può usare il telefono del Rabbino.
Il rabbino accetta volentieri, gli porge il telefono. Dopo aver riattaccato, il Papa offre di pagare per le spese telefoniche. Questa volta, il rabbino capo si rifiuta di accettare il pagamento.
Il Papa insiste a sua volta, il rabbino capo cede e guarda i contatore dice: “1shenkel!”
Il Papa sembra sorpreso: “Perché così a buon mercato?”
Il rabbino sorride, “chiamata locale”.
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In un piccolo villaggio in Polonia, una voce terrificante si stava diffondendo: una ragazza cristiana era stata trovata assassinata.
Temendo ritorsioni, la comunità ebraica si riunisce nella sinagoga per pianificare tutte le azioni difensive possibili, date le circostanze.
Proprio nel momento in cui inizia la riunione d’emergenza, arriva di corsa il presidente della sinagoga, senza fiato e tutto eccitato e grida´: “Fratelli, ho una notizia meravigliosa! La ragazza uccisa è ebrea!”
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Al funerale dell’uomo più ricco della città, uno sconosciuto sente una donna che piangeva molto forte. E le chiede: “Lei è parente del defunto?”
“No.”
“E allora perché piange?”
“Per quello!”
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Un uomo povero cammina nella foresta e si sente abbastanza vicino a Dio per chiedergli: “Dio, che cosa è un milione di anni per te?
Dio risponde: “Figlio mio, un milione dei tuoi anni é un secondo per me.”
L’uomo chiede: “Dio, che cosa è un milione di dollari per te?”
Dio risponde: “Figlio mio, un milione di dollari per voi è meno di un centesimo per me. Non significa niente per me.”
L’uomo chiede: “Allora Dio, posso avere un milione di dollari?”
E Dio risponde, “In un secondo.”
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Segreteria telefonica di una madre ebrea:
Se si desidera varnishkas, digitare 1;
Se si desidera Knishes premere 2;
Se si desidera il brodo di pollo, premere il tasto 3;
Se si desidera matzo balls, premere 4;
Se volete sapere come mi sento, state chiamando il numero sbagliato dal momento che nessuno chiede mai come mi sento.
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Mamma italiana al bambino inappettente: ” Mangia caro, mangia! Mangia…mangia o t’uccido”
Mamma ebrea al bambino inappentente: “Mangia caro, mangia,..Mangia o mi uccido…”
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Questo é solo un minuscolo, infinitesimo campionario di umorismo ebraico. Quell’umorismo che riesce a ridere delle disgrazie piú terribili di un popolo perseguitato, che si prende in giro considerando i piú biechi luoghi comuni, che riesce a allegerire anche il clima di un progrom.
L’umorismo di Woody Allen, Mel Brooks, dei fratelli Marx cosí sottilmente attento alla realtá.
L’arguzia come arma di difesa, la parola come patrimonio.
Perché si puó togliere tutto, terre, proprietá, libertá, ma non la parola e il sapere.
E come diceva mio zio filosofo liberale e sionista: ovvio che ci sia atisemistimo, pensa a Gesú, Marx (Karl) e Freud: i piú grandi rompiballe della storia.
E questo serve a introdurre la ricetta dell’MTC di questo mese proposta da Eleonora di Burro e Miele: il pane dolce del sabato. A tutti verrebbe in mente la challah, ma no, non é una challah, é un pane dolce, una trecciona ripiena. Le motivazioni per questa treccia non é una challah le trovate da Eleonora e da Menú Turistico
.
Per la prima volta da quando partecipo a questo gioco, a questa sfida prima di tutti con se stessi, ho letto i post dei partecipanti. In genere non lo faccio mai perché ho capito che gli italiani sono un popolo di santi eroi navigarori e foodblogger mostruosamente bravi, quindi per non gettare la spugna li leggo ex post (in tutti i sensi).
Quasi tutti i post sono fortemente ispirati, perché sebbene questa non sia una challah, richiama la challah e il momento di sacra quotidianitá che é shabbat, il sabato ebraico, ed un piacere leggerli, ma la cosa che piú mi ha compito é quanto poco si conosca della tradizione ebraica, e soprattutto della tradizione gastronomica.
La cosa appare incredibile in Italia, il paese dove di parla di cibo costantemente.
In effetti il cibo con i rituali che lo circondano creano una spazio di intenditá colletiva fortissima.
Le regole igieniche del Kasherut, i precetti kosher, la simbiosi tra rituali alimentari e le feste, dalla pasqua senza lieviti, al shabbat senza attivitá in cucina dopo il tramonto del venerdí, sono il perpetuare nei gesti e nei sapori di un popolo fedele al proprio Dio, alla tradizione, alla cultura.
E anche in questo si puó togliere tutto ma non la sapienza nel fare il pane o stendere la sfoglia per i kniches.
E agli ebrei la cucina italiana, o meglio la cosidetta cucina mediterranea, patrimonio dell’umanitá, deve tantissimo, primo su tutti uso dell’olio d’oliva. In epoca di persecuzioni nella spagna cattolicissima del XV secolo con conversioni obbligatorie al cattolicesimo, l’inquisizione perseguitava qualsiasi marrano (ebreo convertito) che usasse olio di oliva in cucina, perché denotava palesemente il rispetto del principio kosher di “non cuocere il capretto nel latte di sua madre” Esodo 23,19, ossia non cuocere carni con grassi animali.
La cucina romana, livornese e veneziana sono piene di riminiscenze della cucina ebraica di cui non abbiamo pienamente coscenza ma che esistono perché nonostante i ghetti e le persecuzioni gli scambi umani avvengono soprattutto con il cibo e la cucina ebraica era perfetta anche per i cattoloci nei tempi di quaresima e di veti sulla carne.
Non annoio ulteriormente, sulla cucina ebraica ci sono magnifici libri, primo tra tutti quello di Claudia Roden che é forse l’autrice piú citata in questo blog.
Mi consento un’ultima nota biografica: in Argentina esiste la terza comunitá ebraica del mondo dopo Israele e New York e anche il cibo e la cucina sono diffuse, al supermercato si trova carne kosher e tutta una serie di ingredienti certificati. Esistono rostisserie, salumerie ebraiche con i patron, gli kniches e ce ne é per tutti i gusti akenaziti e sefarditi, sempre in eterno constrasto su quale sia la miglior cucina ebraica. Io nel dubbio le provo tutto (per que che mi é consentito dalla celiachia..) ed hannukah il candelabro gigante fa compagnia all’ albero di natale. Festeggiamo Roshá Shaná con i nostri amici, ma anche Natale perché non si capisce perché non fare i regali ai bambini.
Insomma come diceva Gamila, mussulmana, Dio é uno solo.
Adesso passo alla ricetta. Sulla panificazione senza glutine scriveró un altro post , poiché immagino che molti giá hanno cambiato blog (una volta era il canale TV..).
Ho fatto due pani (cosa da non fare se non avete bisogno di un originale fermaporta a forma di pane del sabato: il pane senza glutine dopo poche ore diventa marmo) per sperimentare e per provare due ripieni.
Sui ripieni a dir la veritá non mi sono sforzata troppo, il mio problema era capire se potevo chiudere la treccia con ripieno un impasto papposo e ottenere una cosistenza accettabile, ossia sufficientemente morbida.
Per complicarmi le cose ho usato farine naturalmente senza glutine, che peró erano senza latte in polvere che aiuta nella consistenza, e la stessa dose di grassi e zuccheri di Eleonora…(credo che ci sia uno psichiatra tra i partecipanti dell’ MTC..caso mai lo chiamate…)
Ingredienti
500 gr di farina senza glutine
150 gr di farina di riso integrale
150 gr di farina di riso bianco
100 gr di amido di mais
70 gr di fecola di mandioca (detta anche tapioca)
70 gr di fecola di patate
15 gr di xantano
15 gr di lievito di birra
100 gr di zucchero
2 uova
200 gr di acqua
125 gr di olio
1 cucchiano di sale
1 uovo e un cucchiaio di acqua per lucidare la treccia
Per la treccia 1.
150 gr di pere, albicocche, prugne gialle secche
50 gr di zucchero
5 semi di cardamomo
1 cucchiani di té
Semi di sesamo
Per la treccia 2
150 gr di prugne secche
1 mela tagliata a dadini piccoli
una manciata di mandorle tritate
2 abbondanti cucchiai di miele
Buccia grattugiata di limone
Preparare la pasta:
Sciogliere il lievito ij metá dell’acqua e aspettare 6-7 minuti affinché formi una spumetta.
Battere le uova e aggiungere l’olio mescolando velocemente
In una ciotola mettere la farina e il sale sul bordo esterno.
Fare un buco nel mezzo del centro della farina e unire poco alla volta il lievito impermeabilizzandolo con la farina, quando si forma un primo abbozzo di impasto unire lo zucchero poco alla vola alternando con il resto dell’acqua e poi le uova.
Mescolare bene con una spatola.
Vi troverete un impasto preoccupantemente appiccicoso.
Continuare a impastare e alla fine sará morbidissimo ma leggermente consistente e si staccherá dalle pareti della ciotola.
Rovesciarlo su un piano di lavoro leggermente infarinato con farina di riso lavorarlo pochissimo e delicatamente, vi aiutate magari con le mani bagnate, ungere la ciotola leggermente con olio, rimettere la pasta, coprirla con film e farla lievitare in forno.
Ci vorranno almeno due ore (a meno che non faccia un caldo pazzesco..).
Lievita, ve lo garantisco, raddoppia il volume, anzi dovrebbe piú che raddoppiare il volume.
Nel frattempo preparare i ripieni:
Treccia alla frutta gialla e semi di sesamo:
1. Preparare un té forte con abbondante acqua e unire i semi di cardamomo
2. Tagliare e dadini piccolissimi la frutta secca (gialla) e metterla a bagno nel té
3. Quando la frutta é ben idratata e insaporita strizzarla e metterla da parte
Treccia alla mele e prugna e semi di papavero
1. Tagliare a dadini piccoli le prugne secche e la mela sbucciata
2. Tritare le mandorle grossolanamente
3. Unire tutto in una ciotola e aromatizzare con la bucchia di limone
4. Aggiungere il miele liquido e mescolare
Adesso vi mettete comodi, con l’aria condizionata perché inizierete a sudare…….
Infarinare
il piano di lavoro con farina di riso, trasferirvi l’impasto che sará molto morbido.
Divididerlo in due parti, una la mettete da parte coperta.
La parte di impasto che state usando si divide in 3.
Formare tre rettangoli stretti e lunghi, é sufficiente schiacciare la pasta e stirarla piano piano.
Riempire la treccia con il ripieno spalmandolo su tutta la superficie lasciando liberi i bordi.
Piegare il rettangolo a metá dal lato lungo. Se si rompe, rammendare unendo i lembi della pasta.
Lavorare la pasta delicatamente, dolcemente, prima o poi ubbidisce.
Unire i tre capi superiori dei rettangoli e schiacciare la pasta in modo da formare il capo della treccia e poi con molta pazienza e delicatezza, intrecciare i tre capi, i tre rettangoli, stringendo ogni tanto la treccia tra le mani in modo da compattarla e unirla. Se si rompe unirla, poi in cottura si lega tutto.
Con molta delicatezza trasferire la treccia in una teglia leggermente unta d’olio.
Fare lievitare la treccia per altri 40-50 minuti. Non sará una lievitazione spettacolare ma necessaria.
Nel frattempo scaldare il forno a 180 gradi.
Spennellare la treccia con l’uovo battuto mescolato con un cucchiaio di acqua. Spolverare con i semi scelti la superficie.
Cuocere la treccia in forno caldo per 40 minuti. Fatela cuocere bene.
E adesso se avete voglia cominciate con l’altra, prendetevi un cordialino…oppure fatelo subito e cuocete le due treccie insieme.
Se non volete usare una come ferma porta potete tagliarla a fette e congelarla e poi mangiarla tostata.
Risultato: una treccia di buon sapore, morbidina, ma non ultra morbida e soffice. Diversamente buona direi, secondo i critici gastronomici di casa, é un pan brioche e tostato é assolutamente buono.
Il mio ripieno preferito….ambarava´ciccicocco…….mmmm entrambi direi..
Se non si fosse capito, questa é la ricetta per l’MTC di ottobre: Il pane dolce del sabato
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