Lei si chiamava Gamila.
Arrivava a casa con un enorme borsa, il passo ondulante sulle gambe arcuate, i capelli giá brizzolati e raccolti a chignon sulla nuca.
Aveva il naso aquilino, uno sguardo liquido, e un sorriso un po’ sdentato che copriva con la mano. Ma era bella, come dice il suo nome.
Non sapevano la sua etá, e lei neppure, ed era come sospesa nel tempo, con una data di nascita indecifrabile: forse aveva 30 anni, forse 60, forse 100.
Gamila arrivava sempre in ritardo, con disappunto di mia madre e compassione mia e di mio padre che pensavamo quanto fosse difficile arrivare dalla perifieria di Alexandrie, con quei treni che esplodevano di gente, i cui orari di arrivo e partenza che erano nelle mani di Allah.
La periferia in cui viveva senza un marito, con due figlie grandi, condizione non ideale in un paese a maggioranza mussulmana, anche se a quei tempi vivevamo in una felice convivenza di credo, poiché, come diceva anche Gamila, Allah é uno solo per tutti.
Prendeva le redini di quella enorme casa che stava in rue du Pharaons, giusto a ricordare, se uno si fosse distratto, che si era proprio in Egitto.
Gamila la abbiamo avuta in ereditá con la casa, madame Fanny era stata chiara: la casa é vostra ma con Gamila e cosí insieme a trumeau veneziani, un’enorme biblioteca di diritto internazionale dove uno dei volumi era stato svuotato e nascondeva una bottiglia con bicchierini, una sala da pranzo enorme con un camino e un coprifuoco che diceva “honi soit qui mal y pense”, abbiamo trovato lei che ci governava, cucinava e a volte controllava.
Gamila era la guardiana dei tesori nascosti nella casa e nell’elenco includeva anche noi: mai e poi mai mi lasciava sola, soprattutto se in giro c´erano ragazzotti imberbi, piuttosto ritornava a casa sua all’alba.
Era analfabeta ma sparlucchiava in modo strano 3 lingue e soprattutto sapeva cucinare.
Il suo vero territorio era una enorme cucina nel fondo della casa e lí sfoderava il suo sapere di cucina classica a base francese che era sorprendente, lí entrava in competizione con mia madre anche perché non era molto abituata al fatto che la padrona di casa si rimboccasse le maniche e brandisse mestoli e pentole.
Alla fine del nostro soggiorno egiziano aveva incorporato anche delle buone basi di cucina italiana, se fosse vissuta in altro luogo e altro tempo forse avrebbe fatto la chef.
La specialitá di Gamila erano i dolci.
Per i nostri compleanni ci ha regalato le torte e per lei era un regalo di valore immenso e anche per noi. Il pan di Spagna e la farcitura dei quelle torte sono rimaste memorabili. Non ho piú mangiato un pan di spagna simile per leggereza ed equilibrio di dolcezza .
Nella sala da pranzo avevamo dei bellissimi barattoli di vetro ottocenteschi ed erano sempre pieni di biscotti, i biscotti piú buoni al mondo, frollini seri, da inzuppare o sgranocchiare. Erano e sono “i biscotti di Gamila” che non siamo mai piú riusciti a ricreare.
Ci ho provato tante volte e solo adesso, con le farine senza glutine mi sono avvicinata a quel sapore.
Li ho rifatti questa estate a Buenos Aires e sono durati esttamente un’ora: 40 biscotti, pensati soprattutto per i bambini, spazzolati da mamme e papá in meno di 60 minuti, timidezze e complimenti compresi.
La ricetta peró non é qui.
E’ in un libro. Per l’esattezza un e.book e si intitola
Ricette per bene edito da Edizioni di Karta la cui descrizione é la seguente:
Il libro delle foodblogger italiane per Genova colpita dalla alluvione
Un ebook di ricette, inedite. Un libro con foto, illustrazioni e storie. L’hanno voluto e fabbricato 40 foodblogger, con ricette, fotografie e tutto il lavoro editoriale di chi lo fa per passione, e qualcuno un po’ per professione.
I proventi netti saranno devoluti interamente a Diamo una mano, l’iniziativa del quotidiano di Genova Il Secolo XIX con il Banco di San Giorgio.
Il costo del e.book é di 5 Euro.
Vi ricordate dell’alluvione di Genova e di come si sono mobilizzate le foodblogger per salvare il sogno di Chiara e Claudia?
Da quella esperienza di condivisione, collaborazione e aiuto che ha dimostrato che la solidarietá non é una parola vuota. Dalla mobilitazione sono arrivati gli aiuti e il ristorante delle ragazzo é rinato.
Adesso la stessa energia positiva é stata racchiusa in un questo libro realizzato con il contributo di 40 tra foodblogger e fotografi ed é dedicata alla cittá di Genova, a quanto c´é ancora da fare per ritornare alla normalitá.
Per saperne di piú c´é un sito: Un libro per Officina di cucina
Pare acquistare il libro: Kartaedizioni.com
Un grazie speciale a chi a curato il libro: Maria Chiara&Fabrizio;, Roberta Deiana, Agnese Gambini, Paolo Buatti, Ludovica Amat, Paola Miglio, Alessandra Gennaro, Annalena De Bortoli, Nina
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